Onorevoli Colleghi! - La legge n. 142 del 1992 recava, unitamente all'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia, la riduzione del numero degli assessori nelle diverse classi di comuni e di province. Si disegnava così un sistema improntato alla necessità di compattezza ed efficienza della squadra di governo che, alla prova dei fatti, ha realizzato buoni risultati di tenuta e di produttività dell'azione amministrativa.
Successivamente la normativa, con l'entrata in vigore del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è evoluta verso la possibilità, concessa a comuni e province, di ampliare il numero degli assessori entro i limiti massimi stabiliti dalla legge.
Conseguentemente gli statuti sono stati adeguati e quasi dappertutto si è giunti a prevedere un numero di assessori pari al limite massimo consentito. Sostenere oggi che questo aumento abbia comportato una crescita dei livelli di efficienza e di operatività delle amministrazioni locali è assai problematico. In realtà dal punto di vista del funzionamento istituzionale le cose non sono cambiate. Quello che però certamente si è determinato è l'aumento dei costi a carico dei bilanci locali, in quanto sono proliferati i centri di spesa, le strutture di servizio, le necessità complessive riferite al funzionamento di un impianto decisionale più largo.
È perciò opportuno riportare alle originarie previsioni della citata legge n. 142 del 1992 il numero dei componenti delle